La notte tra mercoledì e giovedì c’era vento in aumento, senza sosta. Fischiava, arrivava a folate violente, sbattendo in giro tutto ciò che gli capitava a tiro – tegole, sedie di ferro; sradicava cespugli e perfino alberi. Il baccano che provocava nel gazebo era orribile; rendeva il sonno una questione di ostinata concentrazione. Poi è arrivato il mattino.
Il vento rallentò un poco, ma continuava. Il giornale radio
riportava seri danni alle strutture in tutto il paese, particolarmente nella
nostra regione. La forza del vento aveva raggiunto livelli da primato – si parlava
di folate di 180 km/h (fortunale). La superficie marina era bianca di spuma.
Uscii nella brezza sostenuta. Alcune tegole si erano
frantumate per tutto il cortile; il tetto del gazebo era stato strappato e le
strisce sventolavano come bandiere impazzite.
Sentii odore di fumo. Oh no… Nell’aria vorticava un nugolo
di cenere, sostenuto da un vento cattivo da est. Non si vedevano fiamme. Era una
mattinata cristallina, se non fosse per le colonne di fumo che si alzavano da
dietro la cresta della collina. Se il vento non fosse cessato, c’era da
aspettarsi un grosso incendio boschivo. I Canadair non volavano, come temevamo;
presumibilmente le condizioni meteorologiche erano proibitive.
Il vento non cessava. Soffiò tutto il giorno forte e a
folate irregolari; non vedevamo però le fiamme, soltanto fumo e cenere. Poi,
dopo il tramonto, ecco apparire una linea rossa a nord, dietro la cresta. Mentre
il cielo scuriva, la linea diventava sempre più chiara e grande.
La forza del vento era aumentata: si potevano scorgere alte
fiamme a nord e nordest; il bosco che delimita il nostro terreno su tre lati aveva
preso fuoco. Non era la prima volta che assistevamo a incendi boschivi nella
nostra zona, ma mai prima di allora il vento era stato tanto forte e il fronte
dell’incendio così vicino a noi. I vigili del fuoco e i volontari della
protezione civile arrivarono con le loro Land Rovers. Ci spiegarono che
potevano fare ben poco a causa del vento troppo forte e dell’inaccessibilità per
i veicoli della zona colpita. Tutto quello che potevano fare era proteggere i
nostri confini.
Con l’avanzata inesorabile dell’incendio, il bosco maestoso
di pini e querce veniva lentamente divorato. Ormai il fronte delle fiamme si
estendeva per tutto il lato est fino a sudest; il crepitio era assordante, il
fumo bruciava gli occhi. Non osavamo andare a dormire nonostante la
rassicurazione dei pompieri che eravamo al sicuro e che le fiamme non ci
avrebbero toccati. Avevamo già preparato una borsa con le nostre cose e messo
le gatte nelle trasportine in caso di evacuazione. Fortunatamente non fu
necessario. Sonnecchiammo sul divano.
Fece giorno. Mio marito era uscito a controllare la
situazione. I nostri confini erano anneriti, ma l’incendio a nord e a est era
cessato. Il nostro terreno si era salvato. Il vento era ora meno forte; il
fronte del fuoco si era spostato verso sud, allontanandosi da noi, ma le fiamme
erano ancora alte. Più tardi nella mattinata i Canadair e gli elicotteri arrivarono
e cominciarono a spegnere i focolai principali e le dozzine di più piccoli che covavano
tutt’intorno.
Considerando la situazione del nostro terreno, notammo che la devastazione era meno seria di quello che temevamo. Molti degli alberi del bosco parevano illesi, sebbene si notassero diverse zone carbonizzate dall’incendio. Il sottobosco, però, era completamente arso. I terrazzamenti sopra la nostra proprietà erano coperti di cenere, da cui spuntavano gli scheletri neri dei cespugli. L’incendio si era arrestato al limite del nostro terreno, perché eliminiamo tutta l’erba secca e manteniamo sempre il prato libero.
Ho fatto un giro d’ispezione. La strada che porta in paese
era in parte fiancheggiata da alberi alti carbonizzati; il suolo del bosco era
coperto di cenere bianca. Mi si spezzava il cuore. Ci vorranno generazioni prima
che la vegetazione riprenda il sopravvento e faccia crescere nuovi alberi a
sostituzione di quelli morti. Immagino che un’enorme quantità di fauna
selvatica sia perita nell’incendio.
La causa dell’incendio pare essere stata, durante la tempesta
di vento, la caduta di un albero su un cavo elettrico, che l’ha spezzato e
provocato scintille sull’erba secca. Pare quindi che non si tratti di dolo.
C’è una lezione da imparare? Forse che la Natura è più forte
del genere umano; che non ha sentimenti per le proprie creature e nonostante tutto
ciò che facciamo per proteggerci non possiamo mai fidarci di lei? O forse che
bisogna sempre pulire il suolo dall’erba e dai cespugli secchi? Ce lo dirà il
tempo – chissà.
©DaniBlue
12 marzo 2015
2 comments:
aiuto! terribile e che brutta avventura per voi anche se terminata relativamente bene. Dev'essere spaventoso l'incendio che cresce proprio davanti a te, a me è successo una volta a casa a Nizza e meno male che c'era mio figlio Marco coi riflessi superpronti e l'estintore a portata di mano, ma realizzi che nel giro di pochissimo tutto se ne va per davvero in fumo. Non ho capito perché hai scritto al passato remoto, non è forse successo pochi giorni fa?
Grazie del commento Sara.
Purtroppo di incendi ne abbiamo visti tanti in questi anni e questo non sarà probabilmente l'ultimo.
Perché ho scritto al passato remoto? Perché si tratta di un episodio chiuso e ormai appartenente al passato - fortunatamente.
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