Questo mini continente ha un’area quasi doppia rispetto a
Lanzarote e riassume in sé varietà geologiche, paesaggistiche e climatiche compattate
sulla superficie pressoché circolare dell’isola.
In realtà l’avevo scelta come ultima tappa perché potessimo
riprenderci dalle fatiche escursionistiche di Tenerife e Lanzarote; l’avevo
sentita definire come “la meno interessante” delle Canarie, sicuramente un
posto per riposarsi e godersi la pigrizia.
Certamente Gran Canaria, come il resto dell’arcipelago,
offre quest’aspetto, ma sarebbe restrittivo fermarsi a quello. I primi due
giorni sono stati di riposo assoluto nella tranquilla zona di San Agustin,
vicinissima alla pulsante Maspalomas, con la sua folla giovane, colorata e
chiassosa. San Agustin ha invece una cospicua colonia svedese, di un’età più
matura e abitudini meno turbolente. La spiaggia è una lunga distesa candida e
sabbiosa che il vento si diverte a scomporre e ricomporre creando effetti
moiré. Artisti dell’effimero costruiscono imponenti manieri con ponti levatoi,
torri, merli, stendardi, oltre a piovre, delfini che emergono dalle onde,
vascelli corsari e creazioni fantasiose, tutte con sabbia, precisione, pazienza
e grande senso del bello. Stendono un telo fermandolo con sassi in cui i
passanti incuriositi possono lasciare monete a dimostrazione del loro
apprezzamento. Molto spesso il vento fa volare telo, sassi e monete da
tutt’altra parte, e gli scultori devono correre per ricuperarli.
Partendo da San Agustin, camminando sulla spiaggia o il
lungomare per circa quattro chilometri, si raggiunge la zona delle dune di
Maspalomas, riserva naturale protetta di quattrocento ettari, limitata da
dodici chilometri di litorale.
Al termine dei due giorni di puro riposo tra spiagge dorate,
parchi e passeggiate in mezzo a rigogliosa vegetazione tropicale, cominciamo a
girare un po’ senza meta, dove ci porta il capriccio. Il primo ci ispira ad
andare a Puerto de Mogán, saltando a piè pari l’orribile Puerto Rico –
sfigurato dall’edificazione selvaggia. Puerto Mogán è una pittoresca cittadina
di pescatori sulla costa occidentale soprannominata “piccola Venezia” per il
numero di canali che l’attraversano; l’aspetto è molto attraente, con stradine
tortuose, casette di un bianco abbacinante, balconi fioriti, numerosi
ristorantini tipici, boutique e mercatini, contro lo sfondo maestoso del Tauro.
Naturalmente Puerto Mogán è affollata di turisti che cercano l’angolino
caratteristico, una rarità a Gran Canaria, le cui località costiere hanno
un’urbanistica ispirata alla Palm Beach della Florida o alla Palm Springs della
California.
Un altro sfizio ci fa addentrare nel cuore montagnoso e
attraversiamo le verdissime vallate del paesaggio protetto di Fataga, un ambiente
alpino ricco di foreste di conifere, profondi burroni, torrenti zampillanti e
armoniosi che dividono frutteti, uliveti, palmeti; le poche località sono
minuscole, oltre alle casette bianche sparse di contadini che espongono i
prodotti del proprio orto su carretti davanti casa per chi li vuole comprare.
Arriviamo alla Finca Molino de Agua, un complesso rurale che
ospita un ristorante, un bar, camere per gli ospiti, una splendida piscina
turchese, un’aia con tanti animali in zone separate, compresi pony per
passeggiate, pavoni, caprette; frutteto, uliveto, sentieri per mountain bike,
zona barbecue, parco avventura, e un monumento storico costituito da un antico mulino
ad acqua alimentato da un piccolo acquedotto. Un paradiso per turisti amanti
tanto della vita attiva quanto del riposo, poiché ospita anche un centro
olistico che offre di tutto, dalle tecniche reiki all’ipnoterapia.
Vulcanica come il resto dell’arcipelago, Gran Canaria non ha
una vetta emblematica come il Teide di Tenerife, né un numero così alto di vulcani
antichi e giovani come Lanzarote; ha però diversi picchi di origine vulcanica
che attirano i turisti da safari fotografico, data la bellezza dei panorami, la
peculiarità delle vette e del clima cangiante – diversi gradi di differenza
nelle temperature a sud e a nord della stessa montagna, e mari di nebbia e
nuvole basse che appaiono aldilà di un tornante per dissolversi al tornante
successivo.
Cruz de Tejeda, immersa nella nebbia e nel freddo, ci
accoglie a circa 1500 m di quota e a 10°C. Si tratta del baricentro di Gran
Canaria, crocevia di strade e sentieri che raggiungono alcuni dei luoghi più affascinanti,
come Roque Bentayga (1415 m) e Roque Nublo, la cima più alta (1811 m) con
quella formazione basaltica di ottanta metri di altezza, dalla forma certamente
fallica. Cruz de Tejeda è una specie di trappola per turisti, con dozzine di
bar e ristoranti, asinelli da fotografare dietro compenso, negozi ed empori che
vendono indumenti invernali di lana e di pile – l’unico luogo dell’isola dove
siano necessari.
Lasciata abbastanza in fretta Cruz de Tejeda, seguiamo la
strada che circonda le due cime – Nublo e Bentayga – e subito la primavera ci
accoglie con mandorli in fiore e cieli turchini. La circonvallazione ci porta
via via tra paesaggi e climi opposti, e naturalmente preferiamo il tepore,
quindi scendiamo verso la costa e concludiamo la giornata al mare.
La strada procede in quota con viste indimenticabili e si
avvicina gradualmente alla costa dopo Aldea de San Nicolas. Da qui piega verso
nordest e segue molto più da vicino il litorale, che in tutto il tratto fino ad
Agaete è scosceso e molto pericoloso per caduta massi. Dal sole del sud
passiamo alle nubi, al vento forte del nordovest e alle falesie che si tuffano
in mare creando vortici e cavalloni. La natura ci mostra il suo volto
drammatico e restiamo ipnotizzati. Agaete sembra respingerci con un clima
antipatico e inospitale fatto di nebbia, pioggerellina e freddo. Decidiamo di
andare a farci un caffè da un’altra parte. Ad Agaete lasciamo la GC200 e
attraversiamo il litorale nord che è piatto e uniforme, a tratti anche
industriale.
L’autostrada GC2 ci porta a Las Palmas, la capitale, ma non
ne siamo attratti, vuoi dal clima, vuoi dall’aspetto di turismo di massa,
quindi completiamo il giro intorno all’isola seguendo la comodissima autostrada
GC1 fino a San Agustin, nostro campo base.
Un’ultima meta ci porta di nuovo a ovest. Stavolta lasciamo
la GC200 a Tasarte e discendiamo per la stradina tortuosa che si addentra
nella ripida forra in direzione dell’unica spiaggia. Verso la fine, la strada
diventa più pianeggiante e attraversa una fertile vallata coltivata a banane e avocado
in specie di serre costituite da lunghissimi teloni sostenuti da pali. Suppongo
che proteggano sia dal vento sia dal sole a picco.
Playa de Tasarte è davvero minima, stretta, niente sabbia,
solo ghiaia, due o tre case e poche barchette da pesca tirate in secco, e alla
fine, proprio dove cominciano le alte scogliere impervie, un bar ristorante con
tavolini e ombrelloni dove servono del delizioso pesce appena pescato dagli
uomini che giocano a domino sull’ultimo tavolino.
Tempo di consuntivi. Gran Canaria non delude. Ci si trova un
po’ di tutto, proprio come ci aspettavamo. Forse non ha le attrattive
sensazionali delle Isole Canarie più selvagge, ma non difetta in niente. E’ la
sintesi dell’arcipelago.
Ecco le mie raccomandazioni su dove alloggiare e assaggiare
una buona cucina:
-
San Agustin:
o
Apartamentos Tarahal. Appartamenti molto belli e
puliti, spaziosi, con giardino e wi-fi.
o
Restaurante El Capitan. Eccellente Paella de
mar.
o
Restaurante Greek Taverna. Caro ma molto curato.
o
Bar Restaurante Atlantico. Piuttosto raffinato.
-
Puerto de Mogan:
o
Restaurante Clipper. Eccellente cucina italiana creativa.
Gestore livornese.
-
Playa de Tasarte:
o
Bar Casa Oliva. Muy símpatico.
¡Buen provecho!
3 comments:
Dedico a Sara questo blog e quello su Tenerife, dato che non le ha ancora visitate.
Le faccio invece i miei complimenti per i suoi esaurientissimi blog su Lanzarote, che entrambe abbiamo visitato in occasioni diverse.
Cara Daniela, tu dedichi questo post a sara e....sara non può che risponderti e ringraziarti.
Certo che leggendoti mi hai fatto venire voglia di completare la conoscenza delle Canarie, non sono certo una sportiva pura e dura come te e il tuo compagno, non mi avventuro per faticosi trekking tra monti e vulcani, ma constato che anche quest'isola offre grande varietà di spettacoli naturali e non solo quelli. Il mio modo di osservare e descrivere e certo meno preciso e attento del tuo, preferisco lo sguardo d'insieme, concentrare la lente d'ingrandimento magari su dettagli irrilevanti, lasciar parlare le emozioni e questo è il bello di un viaggio e dei luoghi che si incontrano filtrati dalle diverse sensibilità di ognuno di noi. Un giorno dovremmo andare nello stesso posto insieme e poi scriverne. Proposta di gioco....
Sara, grazie del commento e sono d'accordo che ognuno vede le stesse cose da un'angolazione diversa, per cui non esistono due posti uguali al mondo agli occhi di due individui.
Per un viaggio insieme ti prendo in parola, e non scherzo!
Firmato: Una Sportiva Pura e Dura (di comprendonio)
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