Sulla Toyota Corolla a noleggio percorriamo l’unica
autostrada del Paese, la Motorway n. 1, e usciamo a sud di Auckland, poi prendiamo
la statale N. 2, la 25 e quindi la 25A per la penisola di Coromandel, a NE.
Il percorso di circa 200 km è pittoresco e dura circa tre
ore, la strada è stretta, con tante curve e a volte toglie il fiato tanto è
impegnativa. Ma ne vale la pena. Arriviamo a destinazione verso l’una.
Tairua è una perla di località turistica che sorge all’estuario del fiume Hikuai, con un porto interno e uno esterno, dominato dalla collina residenziale di Paku e con un traghetto che la unisce a Pauanui. Arriviamo al cottage di Joan e Peter, i nostri secondi “scambisti”. Non ci sono, però hanno lasciato una nota: “Stiamo pranzando nel villaggio, raggiungeteci”.
Tairua è il nostro campo-base per visitare il resto
dell’Isola del Nord. Mi era venuta voglia di vedere i luoghi dei set che Peter
Jackson ha utilizzato per la sua saga cinematografica del Signore degli anelli. Per questo motivo ci siamo messi in marcia
verso Matamata, capitale dell’allevamento equino, dove era stata ambientata Hobbiton, la città degli Hobbit. Un
pullman ci ha scarrozzato attraverso verdi paesaggi rurali, fino al “centro” di
Hobbiton: una conca disabitata con un laghetto e nessuna casa in vista. Del set
era rimasta solo la facciata di una “tana” in compensato, con un’apertura
circolare. Probabilmente ora non c’è più nemmeno quella. Ci siamo fatti
scientemente infinocchiare una volta, e ci è bastato.
LE CATTEDRALI
NATURALI DI COROMANDEL.
Cathedral Cove invece è una baia con formazioni calcaree spettacolari, una delle quali ha dato nome al luogo. Ross ha un piccolo cabinato a motore in giardino. Lui e Ian lo rimorchiano dietro il trattore; saliamo tutti – meno Ross, che guida il trattore – in barca e arriviamo per strada in baia su quattro ruote. Lì il rimorchio viene sganciato e il motoscafo fatto scivolare in acqua. Che magnificenza naturale, il contrasto tra il bagliore della spiaggia bianca e il turchese dell’acqua e, man mano che ci allontaniamo da riva, appaiono le rocce candide di tutte le forme e dimensioni: colonne, archi, funghi, grotte misteriose e infine ecco la “cattedrale”: un’enorme arcata gotica a tutto sesto come ingresso con alberi al posto delle spire sopra e intorno al corpo maestoso della caverna. Davvero mistica.
Da Matamata partiamo per Waitomo, famosa per le grotte costellate da larve luminescenti di Arachnocampa luminosa, un tipo di
moscerino che produce filamenti di bava fosforescente per catturare il cibo. Si
accede alle grotte buie come la pece in barca a remi e occorre rispettare il
silenzio tombale. L’effetto dei milioni di filamenti fosforescenti che imitano
il cielo stellato è strano, ma non travolgente. Pernottiamo in un simpatico
motel, il Caves Motor Inn, con ottima
cucina e una camera grande come una piazza d’armi.
L’indomani partiamo per il lago Taupo, il più grande della Nuova Zelanda, 616 km², che riempie un
cratere vulcanico. E’ una maestosa distesa d’acqua, dicono molto pescosa, per
cui decidiamo di fare una spedizione di pesca l’indomani mattina molto di
buon’ora. Pernottiamo al Rainbow Point Motel. Levataccia alle 6, rapida
colazione e imbarco sul Te Arani II, piccolo peschereccio capitanato da Gus, la
nostra prima guida Maori, che ci accoglie sorridente. E’ una giornata coperta,
la luce è molto debole. Ci addentriamo verso il centro del lago e Gigi lancia
la lenza. Niente. Secondo tentativo. Di nuovo niente. Gus si sposta di un
centinaio di metri e altro tentativo di entrambi. Stesso risultato. Gus sospira
e comincia a dire che siamo partiti troppo tardi, ma sicuramente prenderemo
qualcosa. La mattina procede così: ci spostiamo di poche centinaia di metri e
ogni volta che Gigi e Gus lanciano l’amo ottengono lo stesso risultato. Dopo
tre ore decidiamo di rientrare. Adesso Gus afferma categoricamente che siamo
partiti troppo tardi e che i pesci non ci hanno aspettato. La nostra pesca non
è stata fortunata. Pazienza. Del resto, i pesci del Taupo sono trote di
importazione, visto che non ce ne sono di autoctone. E di trote a casa ne
mangio fino alla nausea.
Come consolazione, ci avviamo ad ammirare le cascate
selvagge di Huka e la zona
geotermica di Wairakei, con le sue
pozze di fango ribollente e solforoso.
Geologicamente, l’Isola del Nord poggia su un mare di magma,
come testimoniano i numerosi vulcani e le innumerevoli zone termali disseminate
un po’ dappertutto. Seguendo la direttrice principale arriviamo a Rotorua, capitale Maori, sul lago vulcanico
omonimo. Già in avvicinamento avvertiamo l’odore di zolfo che permea tutta
l’area. Un po’ dispiaciuti, rinunciamo a una visita del luogo e rientriamo a
Tairua.
La mattina dopo, come previsto, arrivano Ian e Chris. Loro
due sono la coppia più simpatica e informale che ci si possa immaginare:
ospitali, cordiali, generosi e avventurosi, nonostante Chris sia vicina
all’età della pensione e Ian si sia già ritirato dal mondo del lavoro,
approfittano della loro fortuna e disponibilità a viaggiare e vanno
instancabilmente in giro per il mondo dato che le loro famiglie sono sparpagliate per i cinque continenti.
Amano la vela, il nuoto, lo sci, il trekking (che qui si chiama tramping), la compagnia, la birra, i
barbecue. Sono stati felici di accettare l’invito a Tairua e ci hanno organizzato
una visita a Hahei, una località più a nord, dove vive Ross, il fratello di
Ian, con la sua famiglia. Partiamo dunque per Hahei, famosa per Hot Water Beach e
principalmente per Cathedral Cove.
Hot Water Beach è
una spiaggia molto frequentata dove esistono correnti calde sotterranee che con
la bassa marea vengono sfruttate dai turisti, i quali scavano buche nella
sabbia per rilassarsi nell’acqua calda. Si vedono un sacco di persone con pale
– si possono affittare – che scavano la propria “vasca” e ci si immergono.
Bisogna però tenere d’occhio le maree e le pericolose improvvise correnti di
risacca. Dicono che in molti hanno perso la vita per sbadataggine.
Cathedral Cove invece è una baia con formazioni calcaree spettacolari, una delle quali ha dato nome al luogo. Ross ha un piccolo cabinato a motore in giardino. Lui e Ian lo rimorchiano dietro il trattore; saliamo tutti – meno Ross, che guida il trattore – in barca e arriviamo per strada in baia su quattro ruote. Lì il rimorchio viene sganciato e il motoscafo fatto scivolare in acqua. Che magnificenza naturale, il contrasto tra il bagliore della spiaggia bianca e il turchese dell’acqua e, man mano che ci allontaniamo da riva, appaiono le rocce candide di tutte le forme e dimensioni: colonne, archi, funghi, grotte misteriose e infine ecco la “cattedrale”: un’enorme arcata gotica a tutto sesto come ingresso con alberi al posto delle spire sopra e intorno al corpo maestoso della caverna. Davvero mistica.
Di nuovo a casa di Ross, ci godiamo una fresca birra e un
succulento pranzetto preparato da Sandy, la moglie, serviti sul loro terrazzo
con vista. Prima di sera ci congediamo e torniamo a Tairua con Chris e Ian.
L’indomani è prevista un’escursione nel bush, sulle Broken Hills che formano la spina
dorsale della penisola di Coromandel. Dopo una ricca colazione in giardino,
prepariamo un picnic da portarci in escursione, poi ci mettiamo in marcia. Queste
spettacolari colline nascondono antiche miniere d’oro in disuso scavate nel 19°
secolo, i cui tunnel di ingresso sono disseminati nella boscaglia. Soprattutto
maestosa è la vegetazione. Camminiamo nel verde sotto una volta di imponenti cabbage trees e felci arboree, che
attutiscono l’impatto del sole a picco.
Coromandel
è una delle destinazioni preferite dell’Isola del Nord. La sua è una bellezza
aspra e selvaggia, il suo carattere incontaminato. La Natura è sovrana e qui
sono presenti alcune specie che sono quasi estinte nel resto del Paese. La
costa è ugualmente strabiliante. Seguiamo il Terzo Ramo del sentiero di Tairua
e camminiamo per ore senza incontrare altri esseri umani, accompagnati
costantemente dal canto melodioso del tui
(Prosthemadera novaeseelandiae). Infine ci accomodiamo lungo un ruscello
per consumare il meritato picnic.
Il giorno seguente, partiti Chris e Ian, trascorriamo la
nostra ultima giornata a Tairua. Saliamo in cima al Paku, da cui si domina tutta la costa, gli isolotti e la baia di
Pauanui. Paku era un vulcano che il secolo scorso ha eruttato e acquisito il
tipico profilo a due vette. I suoi fianchi sono ora coperti di lussuose seconde
case. Scendiamo poi di nuovo al mare e percorriamo l’infinita spiaggia deserta
di Pauanui; gli unici esseri umani in vista sono una dozzina di surfisti che si
esibiscono in evoluzioni, alcuni cavalcando per centinaia di metri la cresta
delle onde. Mirabolanti.
Il respiro dell’oceano regala ebbrezza e una gioia senza
confini, come una droga. Il blu del mare e del cielo, il bianco della sabbia, il
tepore della brezza, il distante ruggito delle onde, tutto parla di libertà.
Potrò mai dimenticare i colori, i suoni, i profumi, la sensazione inebriante?
Credo di avere provato qui la vera felicità.
Ahimé, la vacanza volge al termine. Rientrati ad Auckland,
Ian ci accoglie con un enorme e succulento snapper affumicato da lui. Una
delizia. L’indomani andiamo a Cornwall Park, per dare un’ultima occhiata alla
città dall’alto e congedarci dai nostri
amici.
ENOHO RA, ATEAROA!
(Ciao, Nuova Zelanda!)
(continua)
(continua)
2 comments:
arrivo un po' in ritardo con la lettura ma ti ringrazio Daniela, so che questi post sulla Nuova Zelanda li hai scritti anche per me che te ne avevo chiesto. La Nuova Zelanda non so bene perché mi ha sempre attirato, so che è un paese sicuro, tranquillo, molto giovani israeliani dopo i duri tre anni di servizio militare ci vanno a passare dei mesi di sano riposo e decompressione da stress. Guardando le foto e leggendo i tuoi testi le mie impressioni sono state confermate, natura meravigliosa e in gran parte incontaminata, silenzio, tranquillità, bellezza e prepotenza dell'oceano che ti accompagnano sempre. Chi lo sa, magari ce la farò, per intanto....grazie ancora
sara
Dài, Sara: un viaggio in questi luoghi è un toccasana per chiunque. Non occorre essere giovani e incalliti sportivi, perché c'è davvero qualcosa per tutti.
Non credo che nessuno possa tornare deluso da un'esperienza neozelandese, neanche coloro che partono prevenuti. E' come affermare che il Paradiso è sopravvalutato. Un ossimoro.
Il piacere è tutto mio, e ti ringrazio del bel commento.
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