AMSTERDAM: AMicizia, Arte, Musica e AMore
Un weekend all’insegna dei quattro elementi portanti della
mia esistenza. Curiose allitterazioni: forse qualche esperto di Qabbala
potrebbe derivarne significati. Forse Sara?
Con l’aiuto del caso, sono riuscita a combinare un
fine settimana che si è rivelato perfetto sotto tutti gli aspetti. Da un po’
desideravo tornare ad Amsterdam; il nostro carissimo amico musicista aveva in
programma un concerto col suo ottetto di violoncelli in città, e avevo
desiderio di rivedere – in un caso – e conoscere – in un altro – tre delle
persone che mi sono più vicine sul web e che abitano tutte in Olanda. Il mio
Amore mi ha concesso un po’ del suo tempo e di risorse; altri due amici, i più
cari, si sono dichiarati felici di accudire al nostro bestiame e alla proprietà
in nostra assenza, così venerdì pomeriggio decolliamo da Nizza e atterriamo
verso sera nello hub più trafficato
dell’Europa continentale: Schiphol.Anche il barometro ci è favorevole: si prevede un weekend di sole. Dall’aeroporto alla Stazione Centrale di Amsterdam sono 15 minuti e 4 euro a testa; volendo si può camminare fino al bed & breakfast e ciò richiederebbe un altro quarto d’ora, ma col nostro trolley ingombrante decidiamo di prendere un taxi.
Corsa di cinque minuti, e il taxi ci lascia a due passi dal
vicolo pedonale dove si trova la pensione, in una antica costruzione alta e
stretta, tipica del centro cittadino. La scala
d’accesso è praticamente verticale, con scalini corti e altissimi. Delizia
d’Olanda. L’alloggio è molto originale, distribuito su circa 20 m², e
consistente in due locali abitabili più ingresso, cucina, disimpegno e
wc/doccia. Dentro c’è tutto e di più; l’atmosfera è calda e intima, molto cosy, con un tocco di creatività, l’ arredo
è essenziale, i colori vivaci, con tanto legno, stampe, piante vere e
artificiali, giocattoli e giochi per tutte le età, TV, libri, riviste, una
cucina pratica con frigo ben rifornito, microonde, bollitore, caffettiera
elettrica e tutto l’occorrente per un’abbondante prima colazione, comprese
uova, pomodori, yogurt, succo d’arancia, pane, croissant, biscotti dolci e
salati eccetera. Non mancano tre bottigliette di vino e tre di birra. Siamo
felici di avere seguito la raccomandazione dell’amica che ci ha indirizzati a questo
ambitissimo B&B, che siamo stati fortunati di prenotare per tempo. Faremo
la conoscenza diretta di questa amica domani pomeriggio.
Non sono ancora le nove di sera quando usciamo per una
passeggiata in centro. Siamo alloggiati proprio nel cuore pulsante della città,
sull’angolo con Kalverstraat, la
Montenapoleone locale, a un centinaio di metri da Dam Square, la spianata dove si ergono il Palazzo Reale e la gotica
Nieuwe Kerk, in passato luogo di incoronazione di Reali.
Camminiamo verso N seguendo la Damrak per circa un km, tra ristoranti e alberghi di ogni tipo, musei e negozi di articoli bizzarri e sex shops, coffee shops che vendono marijuana, una folla variopinta e chiassosa contrappuntata dallo sferragliare dei tram, e arriviamo alla Centraal Station, dove eravamo discesi poco prima. Seguendo la folla che si dirige verso est, oltre il mercato dei fiori galleggiante, ci addentriamo in una affollata strada pedonale dove c’è una serie di ristoranti etnici, uno dietro l’altro e un po’ alla volta, senza accorgercene, ci troviamo a De Wallen, quartiere storico a luci rosse, uno dei più antichi al mondo. In realtà non ce ne accorgiamo quasi. Anzi ci perdiamo. E’ difficile alla luce dei lampioni consultare la cartina per capire dove siamo. Una gentile signora – premetto: non una lavoratrice tipica del luogo – si presta volontariamente a indirizzarci sui nostri passi. Più o meno riorientati, decidiamo di entrare in un pub per una birra e qualcosa da mettere sotto i denti. Il locale è simpatico, con molti giovani e arredamento caratteristico; birre alla spina e in bottiglia, tavoli e panche di legno, e anche qui non si fuma. E’ un sollievo notare che finalmente si può respirare nei locali pubblici un po’ dappertutto. Fino a non molti anni fa, entrare in un posto come questo era un incubo fumogeno e mefitico.
Sabato mattina. Sveglia pigra e lauta colazione prima di incamminarci verso il luogo d’incontro con la coppia di amici che vive nel Brabante Settentrionale e che non vediamo da più di tre anni. Il luogo è il magnifico Rijksmuseum, nel quartiere dei musei, il più grande e importante dei Paesi Bassi e uno dei più ricchi al mondo. Riaperto l’anno scorso dopo dieci anni di restauri, si specchia splendidamente nel lungo vascone di fronte e si estende per centinaia di metri lungo la riva del canale. E’ una meta estremamente popolare soprattutto il fine settimana, quando si affolla di visitatori felici di spendere 15 euro per ammirare una collezione smisurata come questa.
Il palazzo è imponente, costruito a fine Ottocento in stile neogotico. Recentemente è stato ristrutturato con l’aggiunta di un enorme atrio centrale luminoso e coperto che comprende anche un ristorante e un negozio molto grandi. Il museo possiede oltre a un milione di opere d’arte, anche se il numero di quelle esposte è di qualche decina di migliaia. Lo spazio espositivo si articola su quattro piani e occorrerebbe ben più di una giornata per percorrerli tutti, anche frettolosamente. Visto che il nostro tempo è limitato, ci concentriamo invece sulla parte più importante, che si trova al secondo piano, cioè il Secolo d’oro olandese, il Seicento.
Quello che colpisce di più gli italiani amanti dell’arte è la quasi totale assenza di opere di ispirazione religiosa, che formano l’essenza dell’arte italiana rinascimentale e manieristica. L’arte del Nord, specialmente quella olandese, si ispira invece all’ambiente umano, in particolare a quello borghese, ma anche contadino e rustico.
Rappresentazioni
meticolose e affettuose di interni, ritratti informali, nature morte più
realistiche del vero, scene campestri, quadri d’insieme che trasmettono un modo
di vivere molto più autentico di quello che appare dalle opere di Caravaggio,
Giorgione, Tintoretto, Raffaello, Michelangelo, dove ciò che è rappresentato è
pura idealizzazione.
L’opera più famosa in mostra è La Ronda di notte di
Rembrandt, che attira la maggior parte dei visitatori. Si tratta di una tela di
vaste dimensioni che fa uso innovativo del chiaroscuro e dà l’idea del
dinamismo della folla in movimento, idea che sarà nei secoli successivi
ripresa da molti altri artisti tra cui Giuseppe Pellizza da Volpedo nel Quarto stato. In quest'opera Rembrandt
inserisce diversi elementi simbolici (colori, stature, personaggi, oggetti) che
ne fanno un’opera espressionista ante
litteram.
Rembrandt è l’artista più rappresentato al Rijksmuseum, di cui mostro qui solo alcuni lavori; oltre alle sue opere se ne possono ammirare di Vermeer, Hals, Avercamp, Borch, Claesz, Codde, Dou, Honthorst, Hooch, Lieven, Ostade, Saenredam, Steen e numerosissimi altri pittori del Rinascimento olandese. Presento qui un assaggio delle opere di tutti i nominati.
Oltre alla pittura sono esposte altre forme d’arte, dalle
sculture alle ceramiche antiche di Delft,
dai modelli di navi (William Rex) agli
inestimabili pezzi d’arredo in marmo intarsiato, dagli squisiti cristalli
lavorati ai bagliori accecanti degli oggetti d’oro e argento, dai perfettamente
conservati e immensi arazzi Gobelin alle incredibili case di bambola che riproducono rigorosamente gli interni delle
case borghesi e patrizie del Secolo d’Oro.
Questa festa per gli occhi, quasi un’indigestione,
toglie il fiato e stordisce, dà una sensazione che si prova ogni
volta che si entra in un tempio dell’arte. Personalmente l’ho provata al
Louvre, al British Museum, alla National Gallery, più che mai nei Musei
Vaticani e ora qui (nel mio cuore rimane però sempre al primo posto il Prado).
Avendo passeggiato attraverso un secolo di vertiginosa bellezza coi nostri amici del Brabante, felicemente ritrovati, rientriamo camminando lungo le strade e i canali, tra la folla festosa del sabato pomeridiano sotto cieli azzurri e avvolti da inconsueto tepore, costeggiando cerchi di persone che assistono a esibizioni di rapper locali, evitando di essere investiti da migliaia di ciclisti e tram sferraglianti, attraversando il Prinsengraat, uno dei canali semicircolari lungo il quale si trova la fatale abitazione di Anne Frank, oggi potente emblema della difesa inerme dalla follia nazista, ma anche triste memento della collaborazione degli abitanti con il Terzo Reich.
Le strade che percorriamo sono un fiume di folla. Gigi ha un’idea:
perché anziché avere tram che si muovono a passo d’uomo non si installano tapis
roulants? Lui è sempre ingegnoso.
A metà di Kalverstraat c’è un antico carillon che ogni sessanta minuti suona una melodia prima di battere
le ore. Ecco qualcosa che creerà una perpetua associazione con questo viaggio.
Al nostro piccolo gruppo si unisce anche la terza amica, che abita nello Zeeland, quella che ancora non
conosciamo se non virtualmente. Ci intratteniamo sorseggiando un paio di birre e di caffè,
esercitando l’arte dello small talk
cosmopolita (siamo tra italiani, olandesi, romeni e americani), in gradevole
armonia.
La prima coppia di amici si congeda e ci prepariamo con l’altra persona per il concerto che è stato il movente di questo viaggio. Andiamo in ricognizione e scopriamo che il Begijnhof – dove si tiene l'evento musicale – è letteralmente sotto casa, con ingresso da una porticina in piazza Spui. Il luogo recluso – come suggerisce il nome – è un ex-beghinaggio, fondato nel 1346 da una confraternita di beghine (donne perlopiù vedove che non avevano preso i voti, ma dedicavano la propria vita all’assistenza di malati ed anziani), ed è il più antico tra i piccoli cortili della città, comprendente anche la casa più vecchia della città (1528). Oggi è invece abitato da signore anziane con poche disponibilità economiche e da studenti, attratti dalle favorevoli condizioni dei canoni d’affitto; l’ultima beghina vi visse fino al 1976.
Spui è affollata da giovani e studenti, difatti l’università ha qui il suo ingresso, e vi si erge una statua, Het Lieverdje di Carel Kneulman, scolpita nel 1947, rappresentante la gioventù di Amsterdam, sempre burlona ma dal cuore d’oro (incidentalmente, nel 2012 fu sradicata insieme al piedistallo da qualche burlone provo, ma subito ripristinata).
Il concerto è in commemorazione dei 25 anni dalla
fondazione del Cello8ctet Amsterdam,
una formazione di otto violoncelli, in cui suona il nostro Karel, già
fondatore di un recente e attuale festival di musica da camera, grande amico e
collaboratore, nonché appassionato tanguero
e bandoneonista.
Per esibirsi in concerto stasera è volato da Praga dove si sta svolgendo una convention di tango e domani mattina presto volerà di nuovo a Praga. Bravo, simpatico e iperattivo. Sono arrivate dall’Aja sua mamma e sua zia per assistere all’esecuzione del programma dedicato allo scomparso Simeon ten Holt (1923-2012).
Ten Holt è stato definito compositore minimalista tra l’altro perché utilizzava materiali perlopiù tonali; i suoi lavori sono suddivisi in diverse sezioni, formate da poche misure ciascuna, ripetute ad libitum secondo il desiderio degli esecutori. Le sue composizioni furono scritte per pianoforte o pianoforti multipli, ma vengono anche adattate per gli ensembles più disparati. La sua opera più famosa, che sarà presentata stasera, è Canto Ostinato, composta nel 1976, considerata uno dei principali pezzi di musica classico-moderna olandese. L’Amsterdam Cello8ctet l’ha incisa lo scorso agosto su un CD che sta avendo grande successo.
La performance di stasera riscuote il successo meritato, con tanto pubblico caloroso, nell’eccellente auditorio della Chiesa Inglese Riformata al centro del Begijnhof. Entusiasti dell’esecuzione, attendiamo Karel per cenare insieme da qualche parte. Una migliore conclusione di giornata non si poteva desiderare.
Ripartiamo l’indomani, non prima di avere fatto visita a un
negozio di oggetti antichi e avere concluso un “affare”: un vaso Bols di ceramica di Delft.
TOT ZIENS, AMSTERDAM!