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Thursday 12 March 2015

Tempesta di vento e fuoco



La notte tra mercoledì e giovedì c’era vento in aumento, senza sosta. Fischiava, arrivava a folate violente, sbattendo in giro tutto ciò che gli capitava a tiro – tegole, sedie di ferro; sradicava cespugli e perfino alberi. Il baccano che provocava nel gazebo era orribile; rendeva il sonno una questione di ostinata concentrazione. Poi è arrivato il mattino.

Il vento rallentò un poco, ma continuava. Il giornale radio riportava seri danni alle strutture in tutto il paese, particolarmente nella nostra regione. La forza del vento aveva raggiunto livelli da primato – si parlava di folate di 180 km/h (fortunale). La superficie marina era bianca di spuma.

Uscii nella brezza sostenuta. Alcune tegole si erano frantumate per tutto il cortile; il tetto del gazebo era stato strappato e le strisce sventolavano come bandiere impazzite.





Sentii odore di fumo. Oh no… Nell’aria vorticava un nugolo di cenere, sostenuto da un vento cattivo da est. Non si vedevano fiamme. Era una mattinata cristallina, se non fosse per le colonne di fumo che si alzavano da dietro la cresta della collina. Se il vento non fosse cessato, c’era da aspettarsi un grosso incendio boschivo. I Canadair non volavano, come temevamo; presumibilmente le condizioni meteorologiche erano proibitive.

Il vento non cessava. Soffiò tutto il giorno forte e a folate irregolari; non vedevamo però le fiamme, soltanto fumo e cenere. Poi, dopo il tramonto, ecco apparire una linea rossa a nord, dietro la cresta. Mentre il cielo scuriva, la linea diventava sempre più chiara e grande.

La forza del vento era aumentata: si potevano scorgere alte fiamme a nord e nordest; il bosco che delimita il nostro terreno su tre lati aveva preso fuoco. Non era la prima volta che assistevamo a incendi boschivi nella nostra zona, ma mai prima di allora il vento era stato tanto forte e il fronte dell’incendio così vicino a noi. I vigili del fuoco e i volontari della protezione civile arrivarono con le loro Land Rovers. Ci spiegarono che potevano fare ben poco a causa del vento troppo forte e dell’inaccessibilità per i veicoli della zona colpita. Tutto quello che potevano fare era proteggere i nostri confini.



Con l’avanzata inesorabile dell’incendio, il bosco maestoso di pini e querce veniva lentamente divorato. Ormai il fronte delle fiamme si estendeva per tutto il lato est fino a sudest; il crepitio era assordante, il fumo bruciava gli occhi. Non osavamo andare a dormire nonostante la rassicurazione dei pompieri che eravamo al sicuro e che le fiamme non ci avrebbero toccati. Avevamo già preparato una borsa con le nostre cose e messo le gatte nelle trasportine in caso di evacuazione. Fortunatamente non fu necessario. Sonnecchiammo sul divano.





Fece giorno. Mio marito era uscito a controllare la situazione. I nostri confini erano anneriti, ma l’incendio a nord e a est era cessato. Il nostro terreno si era salvato. Il vento era ora meno forte; il fronte del fuoco si era spostato verso sud, allontanandosi da noi, ma le fiamme erano ancora alte. Più tardi nella mattinata i Canadair e gli elicotteri arrivarono e cominciarono a spegnere i focolai principali e le dozzine di più piccoli che covavano tutt’intorno.





Considerando la situazione del nostro terreno, notammo che la devastazione era meno seria di quello che temevamo. Molti degli alberi del bosco parevano illesi, sebbene si notassero diverse zone carbonizzate dall’incendio. Il sottobosco, però, era completamente arso. I terrazzamenti sopra la nostra proprietà erano coperti di cenere, da cui spuntavano gli scheletri neri dei cespugli. L’incendio si era arrestato al limite del nostro terreno, perché eliminiamo tutta l’erba secca e manteniamo sempre il prato libero.

Ho fatto un giro d’ispezione. La strada che porta in paese era in parte fiancheggiata da alberi alti carbonizzati; il suolo del bosco era coperto di cenere bianca. Mi si spezzava il cuore. Ci vorranno generazioni prima che la vegetazione riprenda il sopravvento e faccia crescere nuovi alberi a sostituzione di quelli morti. Immagino che un’enorme quantità di fauna selvatica sia perita nell’incendio.


La causa dell’incendio pare essere stata, durante la tempesta di vento, la caduta di un albero su un cavo elettrico, che l’ha spezzato e provocato scintille sull’erba secca. Pare quindi che non si tratti di dolo.

C’è una lezione da imparare? Forse che la Natura è più forte del genere umano; che non ha sentimenti per le proprie creature e nonostante tutto ciò che facciamo per proteggerci non possiamo mai fidarci di lei? O forse che bisogna sempre pulire il suolo dall’erba e dai cespugli secchi? Ce lo dirà il tempo – chissà.

 

©DaniBlue

12 marzo 2015

 

2 comments:

sara nathan said...

aiuto! terribile e che brutta avventura per voi anche se terminata relativamente bene. Dev'essere spaventoso l'incendio che cresce proprio davanti a te, a me è successo una volta a casa a Nizza e meno male che c'era mio figlio Marco coi riflessi superpronti e l'estintore a portata di mano, ma realizzi che nel giro di pochissimo tutto se ne va per davvero in fumo. Non ho capito perché hai scritto al passato remoto, non è forse successo pochi giorni fa?

Unknown said...

Grazie del commento Sara.
Purtroppo di incendi ne abbiamo visti tanti in questi anni e questo non sarà probabilmente l'ultimo.
Perché ho scritto al passato remoto? Perché si tratta di un episodio chiuso e ormai appartenente al passato - fortunatamente.