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Monday, 11 May 2015

Vacanza di compleanno- Seconda parte: Venezia

 


Indubbiamente Venezia è, deve essere, la più romantica città che c'è, il polo d’attrazione più forte per i turisti di tutto il mondo, la destinazione che tutti vogliono raggiungere. Tutte le volte che ci sono stata – sotto il sole, la pioggia, la nebbia o il nevischio – i turisti non mancavano mai. Il motivo è ovvio: è assolutamente unica.

Le fotografie mostrano solo parte della storia, e il desiderio resta insoddisfatto. Nei viaggi precedenti ho visto il Lido, Murano, Chioggia, Torcello, Burano – tutte isole minori interessanti e alcune alquanto pittoresche, ma è la città vera e propria quella che non mi stanca mai. E’ una ricca vedova che rivive il proprio splendore passato, che sfoggia i suoi gioielli appannati anche per fare la spesa, che respira l’aria stagnante dei suoi canali come fosse una preziosa essenza, che narra episodi storici d’onore e di crudeltà, immensi pericoli, amori eterni, spaventose ingiustizie. È come un palcoscenico sul quale tutti sono protagonisti, una primadonna che non permette a nessuno di metterla in secondo piano, una Desdemona che muore in scena tutte le sere, e si rialza ogni volta per inchinarsi alla standing ovation dei propri adoratori.
 
 
Venezia sembra il set di un film, pur essendo autentica, e se ne ride delle patetiche imitazioni tipo quella di Las Vegas. La si vede, la si ascolta, la si tocca, la si respira, la si assapora, e si rimane con la voglia. Almeno questo è quello che succede a me.

Tuttavia, a dire il vero, non è una città accogliente, anzi sembra voler scoraggiare chi la venera, respingendo con un traffico ostile, con mancanza di segnaletica, con prezzi astronomici. Per entrare nel suo cuore occorre superare la frustrazione, ma si sa che ne vale la pena.
 
 
La sistemazione è la più cara in cui ci siamo mai imbattuti, compresi alberghi e resort molto più lussuosi in giro per il mondo; perfino gli ostelli della gioventù qui sono più cari degli alberghi borghesi nelle altre città. Però, giacché non giriamo più con lo zaino e il sacco a pelo, gli ostelli non sono la nostra meta. Il nostro bed and breakfast si trova in una delle dimore patrizie più belle del Canal Grande, a pochi metri dal ponte di Rialto.


Abbiamo una camera molto grande con vista su Rialto da una delle tre finestre. Peccato che questo sia oscurato da pannelli che nascondono i lavori in corso. Pazienza: le altre due finestre hanno una vista impagabile sul Canal Grande.


Tutto è in stile veneziano tradizionale – soffitti alti con travi a vista, tanto broccato, lampadario di Murano, specchi dorati, arredamento antico autentico… In omaggio c’è una bottiglia di eccellente Prosecco per dimenticare la piccola sala doccia poco illuminata e l’assenza di pantofole omaggio. Le aspettative erano alte, non sono state esaudite ma non ci lamentiamo, perché è una vacanza troppo bella per rovinarla con malumori.



Le strade e le calli sono affollatissime, è difficile procedere, ma riusciamo a raggiungere Piazza San Marco, il cuore di Venezia. Tutti sono stati, sono o saranno qui. E’ più famosa di Piccadilly Circus o di Times Square, più bella della Place de l'Etoile, più grandiosa di Piazza San Pietro. E’ il cuore del turismo mondiale, la meta di tante lune di miele, il fulcro dello storico Sposalizio del Mare e del Carnevale veneziano, tutto in uno. Dappertutto scatti di macchine fotografiche e telefonini che immortalano i “selfie”; la Basilica e il Palazzo Ducale si riducono a sfondi preziosi contro i quali moltitudini variopinte camminano, stanno in piedi o sedute ai tavolini dei caffè e sui gradini dei monumenti. Si può avvertire claustrofobia in uno spazio così esteso?




Ci rifugiamo in un piccolo caffè disperatamente affollato. La gente, per lo più turisti, continua a entrare e uscire, a bere caffè e aperitivi. Il personale è stressato, ma tenta di sorridere e mostrare cortesia.
Centellino con piacere il mio Spritz seduta a un tavolino mentre guardo la folla ammassata sul piccolo ponticello appena fuori dalla porta d’ingresso. Meno male che siamo al riparo.


 
 
Camminiamo lungo il Canal Grande, il viale acqueo più bello del mondo. Gondole, taxi marittimi, vaporetti, canotti a remi: è un continuo scendere e risalire la corrente. Passano galleggiando edifici patrizi, alberghi lussuosi, sotto i ponti, portando con sé i sogni dei milioni di passeggeri che trasportano.
 

 

Si fa sera, così ce ne andiamo a un concerto che si tiene in un’antica confraternita veneziana. La Scuola Grande di San Teodoro è un magnifico palazzo vicino a Rialto che racchiude uno splendido salone da concerti progettato dall’architetto del Barocco Baldassarre Longhena e impreziosito da dipinti di Palma Giovane e del Bassano tra gli altri.



 
Il programma comprende famose arie e ouverture da opere barocche e classiche eseguite da suonatori e cantanti in costumi e parrucche del XVIII secolo. Alquanto anacronistici gli occhiali, le barbe e i baffi di sette dei nove suonatori. Naturalmente lo spettacolo è un’attrazione turistica, però è piuttosto gradevole.




Dopo il concerto è ora di cena, così ci dirigiamo verso il sestriere Castello, a nord est del centro, in cerca del nostro ristorante, Luna Sentada (luna seduta).





Ci perdiamo infinite volte tra vicoli ciechi e canali, ma alla fine lo troviamo. Che sollievo! E’ un locale minuscolo, con luci intime e raccolte, piccoli tavolini e file di bottiglie di vino provenienti dai posti più strani, che offre originali specialità fusion ma anche piatti veneziani tradizionali. Ordiniamo due piatti tipici, sarde in saor (sardine in agrodolce) e bigoli (spaghettoni) al nero di seppia. Entrambi squisiti con qualche accento esotico, per esempio l’insalata speziata che accompagna le sardine.





Per dessert, il giovane gestore raccomanda il loro tiramisù. Totalmente diverso ma delizioso. Insieme alla cena gustiamo il Prosecco della casa, piuttosto torbido ma raffinato.

Torniamo al nostro bed and breakfast in tempo per scivolare sotto le lenzuola dell’imponente letto veneziano. Domani saremo a Busseto, luogo natale di Giuseppe Verdi.
 
 
 
(Continua – Terza parte: Busseto)
 © DaniBlue
11 maggio 2015
 
 




Friday, 26 September 2014

Dresda in 24 ore - Seconda parte

 
 

Accanto allo Zwinger su un altro lato della grandissima Theaterplatz sorge il magnifico e armonioso Semperoper, teatro d’opera e sala da concerto, costruito nel 1878 da Gottfried Semper,  che lo dotò di una delle migliori acustiche al mondo. Fu interamente ricostruito dopo i bombardamenti del ’45, riuscendo a ricuperare la formidabile acustica. Il teatro è visitabile internamente e davanti ad esso si erge il bel monumento equestre a re Giovanni di Sassonia.




Le strade del centro storico di Dresda sono ampie e tranquille; il centro è zona pedonale, frequentato da un numero sostenibile di turisti e ciclisti, mentre i tram gialli, lunghissimi (fino a 40 m) e ultramoderni sgusciano silenziosi sulle rotaie senza però spaventare i pedoni, poiché viaggiano tranquilli e sono riconoscibili da lontano.

Neumarkt, il piazzale del Mercato Nuovo, con la maestosa mole della Frauenkirche

Si passeggia dunque volentieri costeggiando e ammirando l’architettura di superbi palazzi (Taschenberg-Palais, Kulturpalast, Kanzlei) e si arriva sull’esteso piazzale di Neumarkt, dove sorge l’orgoglio di Dresda, la leggendaria Frauenkirche (Chiesa di Nostra Signora), completamente distrutta nel 1945.




Interno completamente restaurato della Frauenkirche



Fu rieretta nel 2005 grazie a ingenti donazioni britanniche, americane (cioè degli ex-nemici di guerra e coloro che il 13 febbraio del 1945 rasero al suolo la città provocando con i loro raid aerei una pioggia di fuoco e causando un numero impressionante, incalcolabile di vittime), francesi e svizzere. Il costo totale della ricostruzione è stato di 132 milioni di euro. Del materiale originale è stato riutilizzato il 45%, identificabile per il colore più scuro, soprattutto nella facciata. La cupola è stata completamente rifatta in arenaria bianco-rosata e svetta a 90 m dominando l’Elba e la città. E’ possibile salire sulla piattaforma panoramica della cupola che si trova a 68 metri.



Palazzo Cosel, anch'esso interamente ricostruito dopo la guerra


Skyline di Dresda: cupola della Frauenkirche e cupola del''Accademia di Belle Arti
Di fronte alla facciata della Frauenkirche e accanto al giallo, barocco e pomposo Palazzo Cosel si trova l’Accademia di Belle Arti (Hochschule für Bildende Künste), con la sua cupola di vetro scherzosamente soprannominata “lo spremilimoni” per la forma, che insieme alla cupola della Frauenkirche costituisce il centro focale dello skyline di Dresda. E’ un imponente edificio che oltre alle aule di insegnamento e studio ospita anche diversi laboratori e gallerie di esposizione.



Giardini Bruhl (Bruehlscher Garten)


Memoriale a Caspar David Friedrich


Vista dalla Bruehlsche Terrasse, con vaporetti attraccati sull'Elba





Il ponte di Augusto dalla Terrazza Bruhl

Retro dell'Albertinum
Carolabruecke
  La facciata del complesso dà sul fiume, sulla passeggiata-belvedere denominata Terrazza di Brühl (Brühlsche Terrasse), dal nome del committente conte Heinrich von Brühl che la fece realizzare nel 1738-39 e che Goethe definì “balcone d’Europa”. Adiacente alla Brühlsche Terrasse è il giardino pubblico (Brühlscher Garten), con magnifiche aiuole fiorite, imponenti alberi, panchine da cui si godono viste memorabili, sculture e memoriali.



Albertinum


Caspar David Friederich, Due uomini osservano la luna
 
 
Edgar Degas, Ballerine

Paul Gauguin, Donne di Tahiti

Max Liebermann, Sull'Alster ad Amburgo


Otto Dix, La guerra

Auguste Rodin


Vincent van Gogh, Cotogne
Sui giardini dà anche un lato dell’Albertinum, costruzione massiccia di stile rinascimentale con facciata neoclassica che ospita la Pinacoteca d’arte moderna (Galerie Neue Meister) e la Raccolta di sculture (Skulpturensammlung).  Nella prima si ammirano dipinti di autori romantici, realisti, impressionisti ed espressionisti (tra cui Friedrich, Nolde, Dix, Beckmann, Gauguin, Kirchner, Klee, Monet, Munch, van Gogh, Baselitz e altri); nella seconda opere dall’antichità classica ad artisti moderni, tra cui Rodin e Max Klinger.




Oltre il giardino pubblico, lungo la riva cui sono attraccati diversi vaporetti da crociera, si è in vista del molto trafficato Carolabrücke, e quasi sull’angolo, in Hasenberg, è stata costruita la Nuova Sinagoga (Neue Synagoge) sull’area di quella vecchia, la Sempersynagoge, distrutta nella Notte dei cristalli, nel 1938. E’ un edificio di stile modernista, un cubo asimmetrico di mattoni senza finestre. Di fronte vi è un simile edificio della Comunità ebraica (Gemeindezentrum), che ha qualche finestra e offre informazioni, allestisce concerti, mostre ed eventi.


 
 
 

Tornando in centro, passeggiamo lungo la Augustusstsrasse per ammirare il Fürstenzug (corteo dei principi), un lunghissimo mosaico che rappresenta i regnanti sassoni in processione a cavallo. Fu dipinto originariamente tra il 1871 e il 1876 per celebrare otto secoli della dinastia Wettin, la casa  reale sassone. Per renderlo impermeabile, fu sostituito con circa 23.000 piastrelle in porcellana di Meissen nel 1904-07. Lungo 102 metri, è noto come l’opera artistica in porcellana più grande che esista. Il mosaico mostra i ritratti di 35 antenati tra margravi, principi elettori, duchi e re del casato dei Wettin dal 1127 al 1904. Il Fürstenzug si trova sul muro esterno del cortile delle scuderie del castello. Una curiosità: nel centinaio di figure ne appare soltanto una femminile, quella di una bambina.



Sul lato interno ammiriamo le reali Scuderie, bellissimo cortile in stile rinascimentale, ricostruito dopi i bombardamenti.







Fuori dal centro storico vi è una costruzione singolare, la Yenidze, che pare una moschea ma è un’antica fabbrica di sigarette costruita nel 1907 e oggi trasformata in uffici, nella fine settimana si tengono nella cupola spettacoli musicali e teatrali.



Un aspetto che non immaginavo e che ha reso la mia visita ancora più piacevole è stato costatare quanto siano affabili e cordiali gli abitanti, i sassoni. Contrariamente a molti tedeschi duri e immusoniti si sono rivelati accoglienti e simpatici. Certo non ne ho incontrati tanti – il personale dell’albergo, le cameriere dei caffè, le commesse dei negozi, i guardiani dei musei – ma nessuno lesinava sorrisi. Al momento della partenza, vedendoci salire su un’auto con targa italiana, un ragazzo sconosciuto ci ha gridato “Buon viaggio” in italiano. Incredibile.



Infine due parole sui pubblici esercizi. Nella nostra intensa giornata non siamo entrati in molti, ma i pochi che abbiamo visitato erano eccellenti. Innanzitutto l’albergo, Il Swissôtel am Schloss, di fronte al complesso del Palazzo Reale, moderno e tradizionale, allo stesso tempo grandioso e riservato, è stata una delle migliori scoperte che ci ha riservato il motore di ricerca. Le camere sono spaziose, tranquille e arredate in modo singolare, seguendo una certa tradizione cittadina nel disegno della moquette verde e nella decorazione delle pareti. L’atrio d’ingresso è grande e luminoso, grazie al lucernario e a un gioco di specchi, impreziosito con vedute di Dresda di un autore contemporaneo nient’affatto banale, e il personale è super efficiente e cortese.


Wohnstube: secondo a base di pollo


Wohnstube: goloso dessert ai lamponi
 
Il ristorante Wohnstube è aperto al pubblico, caldo e simpatico con una cucina molto curata. Servizio efficiente e ricco di sorrisi.
 
 
Caffè Apotheke


Caffè Apotheke
In Taschenberg 3, di fronte allo Zwinger, c’è un simpatico caffè che si chiama Apotheke, cioè farmacia, perché è arredato con antichi mobili da speziali. C’è anche un dehors con numerosi tavolini, a uno dei quali è perennemente seduta un’anziana signora sorridente con una tazza di cioccolata all’altezza delle labbra. Ottima la selezione dei tè e dei caffè e meravigliose le torte. Ovviamente servite da graziose e sorridenti cameriere in  dirndl (costume tradizionale).
 

Dresda è una perla da scoprire e ammirare lentamente, un luogo che l’Elba a volte accarezza, a volte sommerge con piene impetuose. Una città con una storia ammirevole e travagliata, più volte distrutta da incendi, con ricchezze senza paragoni e periodi tragici, una città che come l’uccello leggendario sempre muore e sempre rinasce dalle proprie ceneri.